Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione · Il Nuovo Rinascimento · Rivista della Soka Gakkai Italiana dal 1982 ·Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione ·Il Nuovo Rinascimento · Rivista della Soka Gakkai Italiana dal 1982 ·

925  | 
30 luglio 2025

Crescere nella condivisione della bellezza

Intervista a Maria Luisa D’Alessandro Pianista e didatta musicale, docente del Conservatorio Santa Cecilia di Roma e formatrice in Ritmica Jaques-Dalcroze

Maria Luisa D'Alessandro ci racconta il suo percorso artistico e lavorativo, e come il Buddismo la stia sostenendo nel far crescere i suoi allievi e le sue allieve facendo emergere le loro capacità

immagine di copertina

Come tutti, ho cominciato a studiare lo strumento da piccola. Cercando la mia strada, anche sbagliando, a un certo punto ho preso coscienza della bellezza di tutto questo e ho deciso. Ho fatto degli studi molto intensi e appassionati con una pianista di Napoli, meravigliosa, e poi a ventotto anni ho conosciuto una persona unica nel panorama italiano, docente di Ritmica Jaques-Dalcroze, la metodologia che studio e pratico da allora, formandomi prima come docente e poi come formatrice. 

Emile Jaques-Dalcroze già alla fine dell'Ottocento sognava una formazione olistica del musicista, per sviluppare in modo integrato mente, corpo, sfera emotiva e creatività. Elaborò un pensiero educativo basato sull’utilizzo del movimento.  Era un ideale di educazione che si poneva agli antipodi di una tradizione musicale accademica, il cui approccio era settoriale, tecnico, mnemonico. Dalcroze iniziò a sperimentare con i suoi studenti semplici movimenti, facendoli camminare sulla pulsazione delle sue improvvisazioni pianistiche, un punto di partenza che lo avrebbe portato molto lontano… La chiamò Rythmique perché parte dall'elemento musicale più immediato, che è il ritmo. È un ascolto che coinvolge tutto il corpo e permette di comprendere e interiorizzare tutti gli aspetti della musica. All’inizio del Novecento questa pratica arrivò a una grande diffusione, fino a influenzare le arti del teatro, della musica e della danza, grazie anche alla collaborazione di artisti provenienti da ogni parte d’Europa. In fondo quella di Dalcroze è una visione che va nella stessa direzione dell’umanesimo Buddista, che attraverso la musica mirava allo sviluppo di ogni aspetto dell’essere umano. Un’educazione umana che si realizza attraverso la musica, che è uno strumento di crescita molto profondo e prezioso, sebbene non ve ne sia ancora coscienza a livello ministeriale, salvo poche e coraggiose persone che si spendono da anni in questa direzione. Sono molto appassionata di questo pensiero che poi è diventato il centro del mio intervento professionale all’interno e fuori dal Conservatorio. 

Via via li vedo cambiare, li vedo aprirsi, sia nella postura sia nello sguardo. Faccio molto caso al loro sguardo quando arrivano alle prime lezioni e sono contenta quando si comincia ad avvertire un senso di complicità tra loro, di consapevolezza comune. Nel lavoro sono gli allievi che ci portano, che conducono il gioco. Noi insegnanti siamo soltanto delle guide, una presenza dolce decisa a valorizzarli in modo non invasivo. Nell'esperienza della mia generazione spesso venivi messo allo strumento senza consapevolezza, con pratiche tecniche scoraggianti, non veicolate attraverso il gioco. Oggi i docenti di strumento sono persone di grande valore umano, oltre che professionale, perché negli ultimi decenni c’è stato un grande percorso di consapevolezza, tuttavia c’è sempre il rischio che l’insegnamento strumentale sacrifichi l'aspetto del benessere della persona. È un vero peccato perché la musica deve essere gioia, comunicazione con l'altro, condivisione della bellezza. È il contrario della solitudine, dell’isolamento. L'essere umano è un essere sociale e anche la musica si rivela uno strumento di scoperta di se stessi soprattutto nell'ambito del lavoro di gruppo, che offre un grande supporto alla lezione individuale. 

La visione del maestro Ikeda, sempre volta a valorizzare l'essere umano, non mi abbandona mai e mi aiuta a cercare il mio valore e quello degli altri, in particolare degli allievi. Il Buddismo ha avuto per me un’enorme influenza, mi ha aiutata a vedere nella Ritmica Dalcroze un valore formativo, umano, che andava oltre l'aspetto musicale. Questo per me significa la possibilità di valorizzare quella piccola perla, quel desiderio di migliorarsi che esiste in ogni ragazza e ragazzo con cui ho a che fare in Conservatorio, e anche fuori. Durante il lavoro osservo molto le relazioni tra loro e cerco di sostenerli, di trovare le strade per aiutarli ad aprirsi, di trovare il modo di valorizzare la perla che c’è in ognuno di loro. Questo veramente mi appassiona. 

Come didatta musicale che desidera diffondere una certa visione delle cose, sicuramente incontro delle barriere. Forse anche perché sono una donna. Penso che gli uomini, in generale, sappiano valorizzare meglio le proprie competenze, sono più bravi a “vendersi”. Io invece ho bisogno di una gran dose di coraggio per trovare la forza di rompere il muro. Quest'anno l’ho trovata grazie alla presenza di un gruppo di studenti numeroso, molto ricettivo ed entusiasta, oltre che di colleghi eccezionali. Inoltre è stato determinante il contributo di una collega venuta da Rio de Janeiro a fare un postdoc di improvvisazione al pianoforte, un’improvvisazione di stampo dalcroziano per muoversi e per far muovere. Ho colto la palla al balzo, proponendo una performance del Dipartimento di Didattica della Musica e dello Strumento. L’abbiamo realizzata a fine maggio sul palco della Sala Accademica, un flusso di energia che ci ha entusiasmato tutti e in questo flusso affiatato ed armonioso gli studenti suonavano, improvvisavano con il movimento corporeo, con lo strumento, con la voce, senza mai dimenticare il pubblico, anzi proprio per il pubblico, comunicando senza inibizioni. Si percepiva una profonda gioia, un sentimento di indipendenza e al tempo stesso di appartenenza, di interdipendenza. È grazie al desiderio di risvegliare negli studenti la percezione del proprio valore che posso tirare fuori il coraggio e imparare qualcosa di me. E questo, come evento umano, è potentissimo.

Sì, l'allievo e il maestro sono alla pari e si ha la consapevolezza che ogni lezione sarà diversa dall'altra, perché la lezione alla fine la fanno gli studenti, mentre chi insegna deve soltanto essere in grado di ascoltare e vedere cosa viene da loro. Sicuramente si impara qualcosa ogni volta dal punto di vista musicale e umano. È ben diverso da una lezione frontale in cui c'è un insegnante in cattedra, un rapporto unidirezionale in cui si perde il valore di questa crescita reciproca. Naturalmente non voglio dire che non sia importante il risultato finale, anzi, ma è importante come ci si arriva, insieme, in maniera non forzata. Non c’è crescita in un approccio in cui l'allievo non è attivo e non viene chiamato continuamente a scegliere. Se non c’è consapevolezza, la tecnica si troverà a non avere un fondamento sul piano umano e l’espressione non avrà radici. La tecnica deve servire per raccontare ciò che stai suonando in modo consapevole e per sentire che stai comunicando con chi ti ascolta. Gli studenti devono essere coinvolti da tutti i punti di vista, con tutto il loro essere. Questo tipo di crescita è fondamentale. Quando vedo i giovani buddisti durante le riunioni rimango sempre molto colpita dalla consapevolezza che hanno di sé e del proprio percorso, di ciò che è importante per l'essere umano, e mi chiedo: “ma io com’ero alla loro età?” 

Come dico a mia figlia: se ti piace la musica e senti che è la tua strada, perseguila. Consiglio però di avere le antenne sensibili e di sfuggire al narcisismo. Stare lontano da chi vuole mortificarti, perché noi insegnanti possiamo essere drammaticamente distruttivi. Poiché è un rapporto molto stretto, l’allievo deve sentire che il Maestro ha fiducia nel suo potenziale, che gli è accanto per farlo fiorire facendogli vedere i suoi punti di forza, piuttosto che soltanto le mancanze. Il mio consiglio è anche di cercare occasioni per fare esperienze insieme agli altri, di cogliere dall’offerta formativa tutti i contesti in cui vi siano occasioni di condivisione, come laboratori corali e orchestrali, laboratori di improvvisazione, laboratori di musica in movimento. E soprattutto consiglio di avere rispetto di se stessi, oltre che delle altre persone … e di frequentare le riunioni buddiste! Il Buddismo di Nichiren è un percorso di crescita molto importante per un artista, così come per tutti, come esseri umani. 


Émile Jaques-Dalcroze, musicista e uomo di teatro (Vienna 1865 - Ginevra 1950), fu docente del conservatorio di Ginevra. Quale illuminato pedagogo, comprese per primo quanto l’apprendimento accademico della musica fosse concepito come atto cerebrale piuttosto che artistico e avvertì la necessità di creare degli esercizi che risvegliassero l’espressività e la musicalità dei suoi allievi di composizione. Elaborò il metodo oggi chiamato Ritmica Dalcroze, nel quale il principio pedagogico fondante è l’uso del movimento inteso come tramite per una interiorizzazione creativa ed espressiva della musica. L’eco del lavoro di Dalcroze si sparse in tutta Europa, accolta dal fermento artistico che caratterizzò i primi decenni del 900. Prese forma un’onda innovativa che investì il pensiero educativo musicale e contribuì anche all’evoluzione della moderna concezione del teatro e della danza: fra gli altri i musicisti Frank Martin, Jean Binet, Arthur Honegger, Edgar Willems, gli scrittori George Bernard Shaw, Paul Claudel; in ambito teatrale, fra tutti, Stanislavski.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata