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24 novembre 2025

8x1000 Stories: stabilire legami umani per costruire insieme comunità interculturali

Abbiamo intervistato Benedetta Marocco, Caseworker di CIAC - Partner UNHCR Italia, in merito al progetto di UNHCR “Community Matching”, sostenuto dai fondi 8x1000 della Soka Gakkai italiana. Il progetto promuove l’assistenza e l’integrazione di persone rifugiate e apolidi in undici città: Torino, Milano, Parma, Padova, Ravenna, Bergamo, Bologna, Roma, Napoli, Bari, Palermo

Benedetta Marocco, Caseworker di CIAC - Partner UNHCR Italia

Il progetto è stato ideato per rispondere a un bisogno umano fondamentale, quello di stabilire dei legami e delle relazioni sociali. Il suo obiettivo infatti è quello di mettere in contatto persone rifugiate con volontari e volontarie, per creare un ponte tra persone e per costruire insieme comunità interculturali. 
Community Matching si basa sulla convinzione che le persone rifugiate siano le protagoniste del proprio percorso e che la loro partecipazione attiva, insieme a quella dei volontari e delle volontarie, possa promuovere una società più inclusiva, solidale e coesa.

Per avviare gli abbinamenti, ossia i matching, l'equipe locale di progetto incontra singolarmente sia la persona rifugiata che il volontario o la volontaria per conoscerne gli interessi e capire meglio le loro aspettative. Si valuta poi insieme quale sia l'abbinamento che può creare una situazione quanto più favorevole per l'incontro e uno scambio di successo. Una volta creato l’abbinamento, le persone sono libere di portare avanti il legame “a misura” per loro e l'equipe di progetto è pronta a intervenire per qualsiasi esigenza, seguendo a ogni passo l'evoluzione del legame. L'idea alla base del Community Matching è di svolgere delle attività che permettono una conoscenza reciproca e che può significare visitare insieme dei luoghi di interesse del territorio, supportare l'altro nell'apprendimento di una lingua, svolgere attività legate a una passione in comune, scoprire insieme i servizi che sono attivi sul territorio in caso di necessità, quindi supportarsi a vicenda. 
L’impatto dei fondi della Soka Gakkai italiana è molto importante perché dall’inizio del progetto nel 2021 ha permesso di creare 1.500 matching, il che significa che sono state coinvolte circa 3.000 persone che poi hanno diffuso a loro volta il messaggio di Community Matching, raggiungendo un pubblico molto più ampio. Le attività del progetto che si basano sul volontariato e sull’attivazione comunitaria e i fondi della Soka Gakkai sono stati fondamentali in quanto hanno rappresentato un sostegno concreto per supportare i matching nelle loro attività quotidiane, per organizzare e realizzare gli eventi, per aggiungere gli obiettivi di progetto e per rendere la partecipazione al progetto accessibile a tutte e tutti.

Abbiamo chiesto a una volontaria e un rifugiato di raccontarci la loro esperienza e cosa significa per loro il progetto Community Matching

Laura: Sono Laura, ho 27 anni e vivo in provincia di Napoli. Negli ultimi anni sto cercando di inserirmi nel terzo settore e sono impegnata in diverse attività, molte delle quali sono legate anche al tema della migrazione.

Yaya: Io sono Yaya, vengo dal Burkina Faso, sono in Italia da circa un anno. Faccio tante cose, sono impegnato in attività politiche, sono un artista e un presentatore… diciamo che sono come Pippo Baudo.

Yaya: Per me è stato come trovare una famiglia, Laura è come una sorella. È anche un mezzo per integrarmi nella società italiana, aiutarmi con un lavoro e imparare la lingua italiana. Grazie a questo progetto me la sto cavando bene!

Laura: Descrivere il CM è un po' difficile. Quando mi sono iscritta tre anni fa mi aspettavo una cosa diversa… pensavo che fosse un modo per aiutare i rifugiati che arrivano a Napoli. Presto mi sono resa conto del contrario. 
Per esempio, mi è capitato che fosse lui ad aiutarmi a trovare un lavoro! Oppure quando ero giù di tono, che mi scrivesse: “Oggi ti ho vista giù, che è successo?”.  
La forma che il CM ha assunto qui a Napoli è molto peculiare nel modo in cui viene riconosciuto nella nostra società: non è mai stato un progetto basato o sull'individuo o sulla coppia ma il risultato di un lavoro di gruppo. Viviamo così tanto anche nelle piccole cose che alla fine si va oltre il rapporto a due, diventando proprio una parte della comunità.

Laura: Abbiamo svolto delle attività più classiche come andare al cinema o al bowling, fare una passeggiata, mangiare qualcosa insieme. 
Quando siamo diventati Buddy (coppia abbinata) l’ho aiutato a scriversi all’università, oppure lui è venuto con me nelle scuole con un progetto a parlare del Burkina Faso, delle guerre nel mondo. 

Yaya: Un bel momento per me è stato quando il giorno del mio compleanno sono venute tantissime persone. Mi sono sentito nella mia famiglia. Infatti, poco tempo dopo ho deciso di organizzare un pic-nic invitando tutti i ragazzi che conoscevo del Community Matching con il desiderio di far conoscere loro la mia famiglia. Ci siamo anche scambiati un po’ delle nostre culture, tramite i balli e le danze delle nostre tradizioni. 

Yaya: Ho più di fiducia in me e ho smesso di buttarmi giù, grazie al progetto ho sentito che la vita è bella e che dovevo viverla, senza isolarmi. 

Laura: il progetto ha cambiato la mia vita sotto diverse forme. Banalmente anche il rapporto che avevo con la città di Napoli era veramente molto limitato; invece, ho scoperto un sacco di posti con la scusa di visitarli insieme. In generale mi ha aiutata a capire che non bisogna guardare a queste situazioni da un punto di vista pietistico, ovviamente vivono le loro difficoltà, i loro problemi, però non bisogna guardarli solamente come vittime, ma come persone fatte di tanti aspetti. E spesso appunto, come ho detto, l’aiuto è sempre stato reciproco. Non sono solamente un'etichetta “rifugiato” “rifugiata”, ma rappresentano un mondo. Ed è proprio bello conoscere questo mondo.


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